Voglia di viaggi esotici alla scoperta di destinazioni d’oriente o di selvagge distese di savana? Il genere etno-chic quest’anno non può assolutamente mancare nell’armadio autunno/ inverno di una donna che abbia voglia di esibire tutto il suo fascino. Tra seduzione, mistero e l’inconfondibile stile “animalier”.
“Animalier” ed “Etno-chic”. Trascrivete mentalmente queste due keyword, perché vi guideranno durante questo inverno nel dare vivacità e colore al lato più intraprendente della vostra femminilità.
Cosa significa “Animalier”?
E’ il termine con cui si identificano tutte quelle stampe di matrice animale: pitonato, leopardato, tigrato, tartarugato, zebrato. Nei dizionari della moda è sintetizzato in: maculato, animalier print o tessuto animalier.
Da capo di abbigliamento “fuori dagli schemi”, adatto esclusivamente a personalità dal lato particolarmente aggressivo o apertamente sensuale, il genere ANIMALIER sta gradualmente entrando, a pieno titolo, nella ideale fashion list di tutte le donne.
Tendenze “Animalier” di oggi…
La rinnovata attenzione degli stilisti verso l’animalier, per questa stagione, invita la donna a richiamare la sua femminilità in una versione che non tema l’osare, pur rimanendo elegante, ricordandole che un capo etno-chic è un must essenziale.
Iniziamo con Anna Molinari, che interpreta per Blumarine/ Blugirl l’animalier print, unendo il temperamento di questo pattern alle linee minimal della silhouette e alle palette pastello, o proponendo la versione tigrata su deliziosi cappottini, adatti a ogni occasione.
Per le vere amanti degli eccessi segnaliamo l’animalier in chiave total look di Moschino Cheap & Chic su giacca e pantaloni alla caviglia con camicia e accessori in coordinato.
Premio al romanticismo, abbinato all’etno-chic, per Burberry Prorsum, che rivisita il genere maculato, trasformando per magia le tipiche macchie scure da leopardo in piccoli cuoricini.
…e di ieri
Nella moda il successo dell’animalier print inizia negli anni 40. Fu Betty Page, la prima pin up, vestita con succinti beach wear di animalier print, ad incarnare l’idea della donna predatrice, ma fu di Christian Dior il merito di sdoganare lo stile animalier, fin ad allora adatto solo ad icone sexy. Ispirato dalla sua musa Mitzah Bricard, fu il primo designer a realizzare, nel 1947, una collezione p/e in abiti di chiffon leopardato, per passare poi ad utilizzare la pelliccia animalier sui polsini di coat e sui cappellini.
Provocante, ma misterioso, ben presto divenne sinonimo di eleganza: chi può dimenticare il cappello maculato di Audrey Hepburn nel film Sciarada del 1963, firmato Givenchy?
Lo stile animalier fu in seguito interpretato da nomi del livello di Gianni Versace e Valentino.
Erano gli anni ’70, invece, quando star della musica come Debbie Harry, leader del gruppo rock Blondie, indossava t-shirt strappate con una seconda pelle leopardata. In quello stesso periodo Roberto Cavalli metteva le basi per la sua identità stilistica, interpretando l’amore per il wild touch, che confluì nella prima stampa ghepardo, proponendo poi nel ‘99 lo zebrato e nel 2006 la stampa farfalla.
Ma le origini di questo stile di abbigliamento sono ancora più remote e affascinanti: l’animalier era già conosciuto nell’Antica Grecia, con il nome zoote.
La decorazione tessile che ricorda il manto delle fiere nell’epoca greco-romana è riconducibile al culto dionisiaco, associato all’ebbrezza, tradotto nella sua accezione di lussuria nella figurazione biblica, passando poi nel ‘400 per il simbolismo di Dante Alighieri, di cui, nella selva oscura, la lonza dal “pel macolato”, ostacola il cammino verso la salvezza.
L’animalier venne associato all’esoterico durante il Rinascimento, quando si iniziò a studiare il paganesimo antico e la civiltà egizia, nella quale il leopardo rappresentava un vincolo con l’adilà, o anche, come descritto nel volume Iconologia di Cesare Ripa del 1593, la figurazione della Libidine, con indosso una “pelle di pardo”. Furono, quindi, gli Egizi per primi ad utilizzare le pelli dei felini, individuandone il nesso con il mondo del non visibile, sottolineando l’aura di sacralità che circondava tali animali.
Indossare un capo “Animalier”, dunque, non significa soltanto adorare gli eccessi e seguire una tendenza di abbigliamento superficiale, ma giocare ad affermare una personalità consapevole dei mille rimandi culturali e richiami ancestrali della storia dell’uomo che questa stampa ha l’onore di interpretare e riportare alla luce.